Essere giudice by Caso Francesco

Essere giudice by Caso Francesco

autore:Caso, Francesco [Caso, Francesco]
La lingua: eng
Format: epub
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


7. Per chi si fa il giudice

Per chi si fa il giudice?

Nemo judex in causa sua

Non per se stessi: nemo judex in causa sua. L’aforisma, nella forma negativa della proibizione, sta a significare in prima battuta l’imparzialità che deve contraddistinguere la posizione del giudice nel singolo processo: il giudice in esso deve appunto essere imparziale in senso stretto, e cioè non essere parte lui stesso rispetto a quanto forma oggetto del suo giudizio.

Ma il detto ben può essere piegato anche ad esprimere un concetto ulteriore e in positivo, e cioè che l’attività istituzionale del giudicare è necessariamente rivolta ad altri rispetto al giudice.

Peraltro, questa vocazione altruistica del giudicare non è senz’altro appannaggio esclusivo della giurisdizione. Vi sono ovviamente tante altre attività umane contraddistinte dalla medesima vocazione, ma per il solito mirata rispetto ad individuate categorie di “altri”. Ad es., il volontariato della tale associazione è dedito a quella determinata categoria di persone svantaggiate cui l’associazione stessa ha per scopo di dedicarsi.

Invece nel tempo attuale la giurisdizione, teoricamente, è in attesa di chiunque si rivolga ad essa. Non necessariamente i cittadini dello stesso stato del giudice, cui naturalmente subito si pensa quali destinatari della giustizia di quest’ultimo. Almeno da quando l’accesso alla stessa non è più riservato o limitato a determinate categorie di soggetti e tutto in teoria è, come suol dirsi, giustiziabile, cioè suscettibile di essere sottoposto all’esame di un giudice naturale, ma precostituito per legge. Piuttosto, vi saranno per legge giudici specializzati, dedicati per determinate materie a rispondere alla domanda di giustizia di particolari categorie di giudicabili (è il caso in Italia del giudice del lavoro).

È lecito distinguere all’interno di questa platea aperta ed indefinita di giudicabili? Preferisco, anzitutto, questo termine “giudicabili” alla locuzione utenti del servizio-giustizia, perché la giurisdizione è indubbiamente un servizio reso ad altri, ma la terminologia forse più adoperata suona troppo “utilitaristica” e mette in ombra la prospettiva personale del giudizio.

Come dovrebbe essere ormai chiaro in questo libretto, talvolta con la dovuta ironia, sono richiamati gli aforismi della tradizione giuridica, che rappresentano comunque un ottimo banco di prova per il controllo sullo stato dell’arte della giurisdizione. Talvolta, infatti, quei detti della saggezza antica ci fanno solo meglio avvertire quanto, e cioè moltissimo, ci divide ormai dal passato. Altre volte, però, essi sono sorprendentemente attuali e comunque consentono talune riflessioni interessanti.

È il caso di questa definizione del processo: processus est actus trium personarum, actoris, rei, iudicis, in iudicio contendentium (quasi letteralmente: il processo è un dibattito fra tre persone contendenti in un giudizio, attore, convenuto e giudice; ma con gli occorrenti adattamenti essa viene ritenuta valida anche per il campo penale).

La definizione si deve al Bulgaro, giurista e glossatore bolognese, ed ha quindi quasi mille anni. Però è ancora attuale perché ci aiuta a non dimenticare che il giudizio è una cosa davvero molto “personale”, e che anche il giudice come persona umana è nel processo di fronte ad altre persone. Qui, infatti, il giudice è posto sullo stesso piano delle parti, ed anzi la costruzione



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